PSICHIATRIA
DEMOCRATICA offre la sua completa disponibilità
a collaborare ai lavori e alle iniziative del tavolo sulle "Istituzioni
totali", nato all'interno del tavolo nazionale sui "Migranti"
del Forum Sociale Italiano.
La
questione dei diritti è al centro delle attuali preoccupazioni
di P.D.,
così come dei suoi partner politici, sindacali, associativi e culturali.
La tutela dei diritti diventa il principale fronte di lotta nel momento
in cui il governo Berlusconi ha mostrato di voler smantellare in modo
sistematico le principali riforme realizzate nel nostro paese: dal codice
dei lavoratori, al servizio sanitario nazionale, alla legge 180. A ciò
bisogna aggiungere la legge Bossi-Fini sull'immigrazione, la nuova legislazione
sulle tossicodipendenze che riduce il Servizio pubblico a una mera funzione
di "smistamento" verso le comunità terapeutiche d'impronta
carismatica e paternalistica, l'ipocrisia dilagante sulla questione delle
carceri.
Le ragioni di questo programma "controriformista" non sono semplicemente
di ordine economico: la produzione di soggetti "speciali", effettuata
anche attraverso la produzione di una legislazione speciale (la proposta
Burani Procaccini è, appunto, il ritorno a una legge speciale per
la psichiatria), non può essere valutata solo in termini di interessi
economici, ma richiede una più attenta analisi dell'utilità
politica di una normalizzazione sociale che ha l'effetto di escludere
dall'esercizio del diritto persone ritenute per natura pericolose o scandalose
(gli immigrati sono sicuramente la nuova categoria "deviante"
per eccellenza, ma riflettiamo su come la proposta neomanicomiale firmata
dall'on. Burani Procacci vada di pari passo con il disegno di legge sulla
prostituzione che sembra di fatto reintrodurre l'idea delle "case
chiuse").
In nome di un preteso “stato di necessità”, assistiamo, in psichiatria,
al proliferare di pratiche di nuovo internamento, di luoghi in cui collocare
chi non è possibile controllare altrimenti: i Servizi Psichia trici
di Diagnosi e Cura (S.P.D.C.) nell’Ospedale Generale, i luoghi del ricovero
in situazione di crisi (nati in alternativa al manicomio), sono oggi,
sempre più somiglianti ai reparti di osservazione dei vecchi manicomi,
con presenza di porte chiuse, uso di contenzione, abuso di psicofarmaci;
le strutture residenziali, nate anni fa per ospitare dignitosamente i
dimessi dell'Ospedale Psichiatrico, diventano luoghi in cui sistemare
chi dà fastidio o chi non si riesce a trattare altrimenti;
la permanenza dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario (O.P.G.), il buco
nero della legge 180, sul quale il dibattito è in fase di stallo,
rafforza
l’idea che esistono matti criminali e criminali matti pericolosi:
simbolicamente e spesso - purtroppo- praticamente è il luogo del
non
ritorno.
Per contrastare l’aumento dei processi d’internamento, c’è bisogno
di
“pratiche di emancipazione”, dove ridiventi centrale l’attenzione ai
diritti dei pazienti.
In altre parole vorremmo per i nostri pazienti più case e meno
strutture
residenziali; più centri sociali aperti a tutti e meno centri diurni
solo per matti, che rischiano di divenire dei ghetti; vorremmo meno servizi
di diagnosi e cura e più servizi territoriali aperti 24 ore su
24, sette giorni su sette; vorremmo che fosse potenziata l'attività
domiciliare, attraverso cui fosse possibile gestire la crisi per tutto
il tempo necessario; vorremmo Centri di Salute Mentale (C.S.M.) che fossero
meno ambulatori e più luoghi dove le persone possano incontrasi,
scambiare, progettare, fuori dalle corazze dei sintomi (i pazienti) e
dei ruoli professionali (gli operatori); vorremmo che ripartisse la lotta
per il
superamento dell'OPG e contro ogni forma di nuova istituzionalizzazione
(ospizi per anziani, istituti per minori, centri di accoglienza per immigrati,
tutti quei luoghi dove il potere delle persone è ridotto a "ground
zero" e dove scandalose sono le forme di limitazione della libertà).
Date queste premesse, riteniamo che l’unica strada percorribile sia ancora
quella di una “critica” del riformismo: la lotta per il diritto dei pazienti
psichiatrici a una piena cittadinanza, deve essere sempre accompagnata
da una riflessione critica sulle nuove logiche di razionalizzazione e
di neutralizzazione dei problemi sociali.
In altri termini, la questione sociale, gradualmente espulsa da una psichiatria
ammodernata e sterilizzata che si dichiara "non competente"
di poveri, extracomunitari, senza fissa dimora, disoccupati, cassaintegrati,
nuove schiave, bambini delinquenti, anziani soli, deve nuovamente irrompere
nello scenario della salute mentale.
La lotta per la difesa della 180 deve quindi cercare di coincidere con
una
riaffermazione del pensiero critico proprio della nostra cultura, forgiatasi
negli anni sessanta e settanta sul terreno di una contestazione radicale
della "norma", ossia della naturalizzazione arbitraria di un
modello sociale dominante.
Per questa ragione, Psichiatria Democratica Nazionale esprime il suo vivo
interesse e offre la sua completa disponibilità a collaborare ai
lavori e
alle iniziative del tavolo sulle "Istituzioni totali", nato
all'interno
del tavolo nazionale sui "Migranti" del Forum Sociale Italiano.
PSICHIATRIA DEMOCRATICA
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