PSICHIATRIA
DEMOCRATICA
Per
Di fronte alle profonde trasformazioni della società contemporanea, P.D. denuncia che le pratiche della psichiatria rischiano di ridursi, oggi, ad ammortizzatori di conflitti e disagi diffusi. Basti pensare a tutte le operazioni psico-sanitarie, istituzionali o dei singoli operatori, che nei fatti finiscono con il riprodurre, esclusivamente, contenitori-discarica per uomini e donne in difficoltà o dai comportamenti definiti devianti, per quei cittadini che si ritrovano in una condizione di debole potere sociale come gli anziani, i senza fissa dimora, i nuovi poveri, gli immigrati, i tossicodipendenti, le persone portatrici di handicap fisico, etc.
Psichiatria Democratica vuole continuare ad opporsi, con determinazione, a quella psichiatria dell’attesa, dei ricoveri ripetuti e punitivi, dell’intrattenimento infinito e senza domani che pretende di confezionare risposte psico-tecniche di tipo individuale a difficoltà sociali.
Per non arretrare in una psichiatria asfittica e senza futuro, si ribadisce con forza che il processo di “deistituzionalizzazione permanente“ resta il riferimento paradigmatico del nostro lavoro territoriale quotidiano, così che i Servizi pubblici non perdano la necessaria spinta propulsiva nel realizzare processi di inclusione sociale reali e politiche di Salute Mentale dentro la comunità.
Per noi
Nei servizi territoriali di Salute Mentale, attraverso il costante lavoro multidisciplinare di équipe, ogni pratica messa in campo deve facilitare la massima inclusione partecipata dell’utente in difficoltà nella sua famiglia, nella comunità e nella società, in modo che lo stesso possa recuperare a pieno titolo la sua dignità di persona e di cittadino.
In tal senso Psichiatria Democratica qui definisce alcune urgenti opzioni di politica socio-sanitaria che appaiono non più rinviabili e, precisamente:
1) incremento delle attività di cura, sostegno ed assistenza riabilitativa domiciliari.
Servono operatori che - attraverso progetti sperimentali e temporalmente definiti – aiutino, presso il loro domicilio, le persone più in difficoltà nell’uso della casa e dei servizi della città. Per l’esperienza maturata sul campo in questi anni, noi siamo convinti che con la presenza di queste figure tutor:
a) i pazienti potranno riprendersi quella esistenza che oggi vedono sfuggire, giorno dopo giorno, dalle proprie mani e tornare ad intravedere quel futuro che oggi è loro negato;
b) i familiari si sentiranno finalmente meno soli di fronte al grave disagio dei loro congiunti, avranno più tempo per la loro vita ed i loro affetti e, nel contempo, potranno partecipare più serenamente ai progetti di riabilitazione;
c) gli operatori della Salute mentale potranno verificare, sul campo, lo sviluppo di processi di autonomia, ben lontani dal circuito perverso crisi - ricovero - crisi che finisce per istituzionalizzare e cronicizzare tutti, pazienti, operatori e familiari.
La riuscita di questi importanti interventi è legata, oltre ad un lavoro in rete con le agenzie del territorio (Comuni, municipalità, servizi sociali, mondo della scuola, del lavoro, del volontariato, dello sport, etc.), maggiormente responsabilizzati ad una condivisione stabile del carico assistenziale, anche alla riconversione di parte delle risorse economiche delle ASL da destinarsi, in maniera vincolante, a tali progetti. La formazione dei tutor dovrà essere affidata alle singole U.O.S.M..
2) adeguamento dei Servizi psichiatrici di
diagnosi e cura nel numero
di posti-letto e nel rapporto operatori-ricoverati affinchè si raggiungano standard di lavoro indispensabili
alla dignità della cura nella
gestione della crisi acuta. E’
irrinunciabile, a nostro avviso, un rapporto costante fra ospedale e servizi
territoriali per una integrazione tesa al farsi carico del cittadino in disagio
piuttosto che al suo contenimento-espulsione. Si ribadisce che occorre evitare
la supplenza di ordine pubblico e i ricoveri impropri (demenze, acuzie
organiche, dipendenze, etc.). Infine sarà necessario garantire modalità più
flessibili per gestire le crisi in sede extraospedaliera (centro
crisi, DH);
3) supporto all’accoglienza abitativa temporanea piuttosto che alla residenzialità definitiva e con delega totale, attraverso progetti comunitari di riabilitazione, di gruppi-appartamenti regolati al di fuori del circuito psichiatrico e l’avvio della sperimentazione di affido etero-familiare;
4) attivazione di nuovi Centri Diurni che siano permeabili ai microprocessi sociali e culturali del territorio con una tensione alle istanze di inserimento lavorativo;
5) moltiplicazione degli interventi di aiuto psicologico sia di tipo individuali che di gruppo rivolgendo particolare attenzione alla promozione di gruppi di auto mutuo aiuto (donne in difficoltà, utenti gravi, familiari, migranti, etc.);
6) rendere operativo “ Un patto per il
lavoro” tra le AA.SS.LL., le Confederazioni degli Artigiani, l’Unione
Industriale, le Camere di Commercio e le Cooperative Sociali, per realizzare
l’occupazione delle persone con disagio psichico. In tale direzione si invitano i Comuni, le Province e
7) sostanziale potenziamento degli organici delle Unità Operative di Salute Mentale (tutor domiciliari, assistenti sociali, terapisti della riabilitazione psichiatrica, psicologi, medici,sociologi, infermieri etc.);
8) integrazione tra servizio pubblico e cooperazione sociale per la progettazione condivisa dei programmi individuali di riabilitazione-inclusione e la messa a punto di corsi di aggiornamento costanti;
9) vendita o messa a reddito del cospicuo patrimonio immobiliare degli ex manicomi campani al fine di utilizzare l’intero ricavato per potenziare le attività delle U.O.S.M.;
10) superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (O.P.G.) mediante la realizzazione di percorsi di cura capaci di evitare sia internamenti protratti ed ingiustificati che il rinvio sine die dell’atteso reinserimento sociale.
Gruppo
campano di Psichiatria Democratica
Novembre 2006
www.psichiatriademocratica.it